Come LUCÌA – Coordinamento pari opportunità UILCA Emilia Romagna e Bologna – ci siamo interrogati su quanta consapevolezza abbiano le donne dei propri diritti e abbiamo prodotto La rivoluzione più lunga, un libricino nel quale si elencano le “conquiste” legislative delle donne in Italia.

È del 1977 la legge 9 dicembre, n.903 “Parità di trattamento tra uomini e donne sul lavoro” che vieta qualsiasi discriminazione di genere sui luoghi di lavoro.

Se è vietato, perché continuano ad esserci differenze tra uomini e donne? Sono passati 46 anni e ancora non si è imparato?

È qualcosa di più profondo che far rispettare una legge, è una richiesta specifica: accettare la donna nel mondo del lavoro equivale ad accettare che la diversità dell’essere umano possa esistere, essere “pari”, senza dover sottostare a gerarchie acquisite.

Oggi abbiamo uno strumento in più che ci viene in aiuto: la certificazione di genere delle imprese, prevista dal PNRR – Missione 5 – con l’obiettivo di creare un ambiente di lavoro inclusivo delle diversità, a sostegno della parità di genere, che quella legge del 1977 ha sancito.

A supporto di questo sistema di certificazione è stato istituito, presso il Dipartimento delle Pari Opportunità, il Tavolo di lavoro permanente sulla certificazione di genere delle imprese che collaborerà, attraverso approfondimenti, elaborazione di proposte e monitoraggio delle attività, come suggerito anche nelle prassi di riferimento UNI ISO 30415:2021 e UNI/PDR 125:2022.

Fondamentale è, e sarà, l’efficacia delle azioni intraprese dalle imprese, nelle quali noi come sindacato saremo coprotagonisti, come abbiamo sempre fatto in questi anni, nella costruzione dei contratti collettivi e nelle commissioni di pari opportunità dentro alle singole aziende, con competenza e attenzione alla dignità e alla valorizzazione delle differenze, al rispetto e al benessere psicosociale. Vogliamo e desideriamo, credendoci, che con questo ultimo strumento il cambiamento sia reale, sostenibile e duraturo nel tempo.

La certificazione ha validità triennale, ma è soggetta a monitoraggio annuale. Con i suoi indicatori (33 kpi) è possibile monitorale la mission aziendale, la policy, ovvero in che modo l’azienda ha messo in pratica la cultura dell’inclusione, quali sono le azioni introdotte e quale budget ha riservato per le attività funzionali a ridurre il divario di genere in relazione a: opportunità di carriera, parità salariale a parità di mansioni, politiche di gestione delle differenze, tutela della maternità.

Affinché non sia una certificazione di facciata, sono previsti focus ed interviste, perché molte sono le aziende che non sono pronte per la certificazione di genere, come cultura. Lo dice il fatto che hanno adottato tanto welfare, conciliazione vita lavoro con vari permessi e orari flessibili, ma a livello decisionale il top management è totalmente maschile. Ignorano i dati delle ricerche, ormai ventennali, che dimostrano che l’investimento sul talento femminile è conveniente per il tessuto imprenditoriale e per il Paese e che le decisioni aziendali prese nelle aziende inclusive risultano essere decisioni più efficaci.

Inutile dire che, laddove la qualità del lavoro delle donne è migliore, migliora anche il territorio in cui le donne vivono.

Da settembre 2022 a giugno 2023 circa 460 imprese hanno ottenuto la certificazione. Lo studio legale LCA di Milano, Cellnex Telecom e Medina sono le prime tre realtà in Italia ad aver ottenuto la certificazione della parità di genere, in linea con i nuovi standard previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza; a Bologna l’Aeroporto Guglielmo Marconi e Automobili Lamborghini.

Il 20 luglio scorso è stata presentata a Milano l’anteprima della ricerca realizzata da ALTIS Università Cattolica e Bureau Veritas Italia (ente accreditato) e il risultato è stato che la quasi totalità delle imprese considerate si è dotata di strategie, politiche e processi utili per introdurre il tema delle Pari Opportunità nella cultura e nell’operatività dell’organizzazione.

I dati segnalano spazi di miglioramento in relazione all’impegno nella formazione ad hoc e all’effettiva presenza e considerazione delle donne nelle attività. In particolare, le aree da sorvegliare riguardano le opportunità di crescita e l’inclusione lavorativa. Le imprese continuano, inoltre, a scontare un divario retributivo sia in relazione alla retribuzione media, sia rispetto alla componente variabile. Risulta assai limitato l’utilizzo da parte degli uomini di congedi parentali.

La certificazione di genere disegna il futuro, le aziende che oggi ottengono un punteggio basso sotto la soglia prefissata possono attuare politiche aziendali per ottenerla domani, perché il processo e le sue direttive sono ormai tracciate.

Vuol dire cambiamento continuo di cultura, in meglio, ottimizzare i processi di VALUTAZIONE E VALORIZZAZIONE delle lavoratrici e dei lavoratori e mettere FATTIVAMENTE AL CENTRO LA QUALITA’ DELLA VITA E DEL LAVORO DELLE PERSONE.

Nel caso di persone con famiglia, la parità in azienda DIVENTA un riflesso della parità in famiglia e viceversa: genitori consapevoli che con le loro differenze si completano nella cura dei figli/e, condividendo le responsabilità. Abbiamo il compito di crescere una nuova generazione senza condizionamenti e stereotipi e l’esempio che diamo tra le mura domestiche è il più importante e deve trovarsi anche nei luoghi di lavoro, accettando la sfida di un cambiamento che è, soprattutto, culturale.

La parità di genere è per noi la via che apre le porte all’inclusione, che tutela e valorizza ogni forma di diversità.

Angela Scalese